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martedì 1 novembre 2011

‘A bbascia a salera.


‘A salera, la nostra marina, a due passi da casa, in via Agricoltori, nel quadrilatero delle carceri.

Da piccoli c’andavamo con i nostri genitori, con l’ombrellone sulla spalla di papà, qualche paletta e secchiello per giocare e con tanto impegno a imparare a nuotare e andare sott’acqua.

Appena più ragazzetti ci si andava da soli, partendo da casa direttamente in costume e scalzi, a tuffarci e a pescare telline e “conquiglie”.

Jiacint faceva il guardiano notturno al chiosco, dove le donne si svestivano e noi compravamo il “cazzinbocchio”.

Tutti i tardi pomeriggi, Cuncett’ portava la cena al marito ed io le facevo compagnia, inoltrandoci per i vicoli della marina dove si sentiva il forte odore del mare.

Dopo il bagno della sera, sia nella sabbia tiepida che nel mare caldo, ci si accompagnava alla cena di Jiacint.

Al ritorno, la sera, passando sotto il ponte della ferrovia e riattraversando i vicoletti della marina e del carcere, le luci fievoli dei piccoli lampioncini creavano un’atmosfera antica, magica.

Quella magica sensazione, i profumi del mare, della sabbia, quel silenzio accompagnato da voci lontane di ragazzini che si rincorrevano, quelle onde scroscianti sulla riva dove si potevano raccogliere i granchi di rena, sono raccolti in un’ antica memoria che osserva con molto patimento lo sfacelo di questi luoghi, oggi, infestati da erbacce incolte e da liquami fognari a cielo aperto.

Quanta tristezza per questa nostra martoriata terra.

Giovanni Kosta

mercoledì 26 ottobre 2011

'E vechere ri carcer'



'E vechere ri carcer', che brutto nome per un quartiere.
Eppure tanto brutto, un tempo lontano, non era, anzi posso dire che era quasi magico.
C'era tanta miseria, ma non la si sentiva.
C'era Franchino che vendeva graffe con il suo carrettino girando per i diversi vicoli, Pisiello che invece vendeva zeppole e panzarotti e in certi periodi dell'anno anche le scoppette, il contadino che la mattina presto girava annunciando "ceveze ceveze", l'asinaro che mungeva al momento il latte della sua asina, e noi ragazzini che giocavamo senza giochi.
Intense emozioni nella memoria di quei Natali dove si respirava la magia di un presepe di cartone e una "vrasera" intorno alla quale ci si raccoglieva e si ascoltavano i "cunti" e di quelle Pasque dove in tante, giovani e anziane, si affollavano per portare ai forni i casatielli "crisciut" sotto le coperte di lana inondando le nostre case e i vicoli di profumi che preannunciavano la festa e che si sentivano solo quella volta all'anno.
Non era ancora fort apache!
Giovanni Kosta

' A marina piccirella "


Già a primavera inoltrata ci avvicendavamo verso il mare con una grande voglia di anticipare l'estate e ci bagnavamo con la preoccupazione di doverlo nascondere ai nostri padri per la loro preoccupazione di poterci ammalare.
Le nostre spiagge erano la salera e la marina piccirella.
Anche se già martoriate da riversamenti di liquami industriali e di mattatoi, erano le nostre spiagge dove ci sentivamo padroni della nostra terra, del nostro mare ricco e generoso.
Spesso ritorno a quei luoghi, mi prende la malinconia per il tempo trascorso, ma molto di più la tristezza perchè devastati, offesi.
Luoghi dove il mare è scomparso e la sabbia è diventata erba.
Giovanni Kosta

venerdì 14 gennaio 2011

Un teatrino di legno che un giorno si incendiò…


Largo San Luigi dove si andava a vedere l’ opera dei pupi in un teatrino di legno che un giorno si incendiò…

Pomeriggi autunnali trascorsi in quei luoghi che in un lontano 1946 venivano devastati dai residui di una guerra funesta e mai sono stati più ricostruiti.

Mangiavamo semi di zucca e partecipavamo con passione alle vicende di Orlando e Rinaldo.

Un giorno d'inverno, chissà come, questo magico teatro prese fuoco e andarono distrutti tutti i nostri eroi con le loro armature lucide.

Ma un pupo rimase intatto, Gano di Maganza, il più odiato.

Giovanni Kosta